L’incontro con la ballerina di danze orientali Francesca Trezza, insegnante e coreografa: la sua passione per un ballo antico che va ben oltre l’esteriorità. I suoi maestri e ispiratori: Mahmoud Reda e Saad Ismail. Dal folclore alla fusion e contaminazione
di Ester Ippolito
“Amar è stato il primo nome che ho scelto per rappresentare me stessa come danzatrice, perché vuol dire Luna, come la Grande Luna che ho tatuato sulla mia pancia, come la Grande Madre che porto dentro di me. Latifa in arabo significa “delicata”, “graziosa”,“gentile”…ed è proprio delicatamente che ho mosso i primi passi di Danza Orientale….”
E’ questo il biglietto da visita di Francesca Trezza in arte Latifa Amar, incontrata nella scuola di ballo di Roma Elcubanyto (via Aquilonia 61), dove insegna attualmente. Ballerina professionista di danze arabe, insegnante e coreografa, dieci anni di attività e di studio alle spalle con insegnanti qualificati, stage e corsi di studio all’estero, principalmente in Egitto, Cairo e Alessandria, Latifa fa parte dal 2008 del corpo di ballo di Saad Ismail, l’Ismail Oriental Dance, con cui si esibisce per festival di folklore egiziano ad Alessandria d’Egitto, a Roma, a Helsinki (Finlandia) e in Marocco. Vasta anche la sua attività di esibizioni in locali orientali, in Italia e all’estero.
Dall’antropologia alla danza orientale
Giovane e dolce, ma con un carattere deciso, Latifa ha scelto per passione e innamoramento le danze orientali, "che vanno distinte dalla danza del ventre commerciale”, come sottolinea. Grazie ai suoi studi antropologici, ha sempre amato le culture dei popoli e la loro diversità: questa spinta culturale, che l’ha portata verso il mondo arabo e le sue tradizioni più antiche e verso l’Islam più genuino, insieme al caso che l’ha condotta a sperimentare un giorno una lezione di danza del ventre, sono stati sufficienti a far scattare la scintilla. “La musicalità di queste danze mi ha affascinata e mi sono innamorata subito di questo stile - ci racconta. “In quel periodo studiavo violino e mi dedicavo a uno sport non proprio femminile, il soft ball. Ho abbandonato tutto facendo prevalere la mia parte più femminile su quella più aggressiva: ho sposato questa danza, la sua dolcezza, e i suoi mille accessori che ne sono parte integrante e che la caratterizzano”. Dai veli colorati, al tintinnio delle monetine, dagli abiti particolari per lo più fatti fare su misura al Cairo, ai bastoni e ai candelabri da portare in testa, nel tipico ballo dei matrimoni. Tutto questo e altro è entrato nella vita di Latifa che precisa: “La danza orientale non è solo estetica ed esteriorità, quello che appare e che piace, ma è anche un modo per esprimere la propria interiorità ”. C’è qualcosa di molto profondo e antico in queste danze, infatti, che niente ha a che vedere con la banalizzazione della danza del ventre ridotta a puro richiamo turistico.
Il ballo della donna
“La danza orientale autentica, quella che si rifà alle radici del folkore - ancora Francesca -è il ballo della donna per antonomasia, perché esprime tutta la femminilità più vera. Dalla mia esperienza di insegnante vedo che questo stile attrae donne di tutte le età, anche oltre i sessanta, che trovano in questi movimenti qualcosa che avevano dimenticato e che hanno piacere a far riemergere. Qui in Italia stiamo assistendo a una esplosione di questa danza, l’interesse è forte mentre tempo fa c’era più diffidenza e molte donne erano restie a iscriversi ai corsi. La "Raqs sharqi", di cui gli egiziani rivendicano la paternità, è una danza nata come rito propiziatorio per la fertilità, quindi davvero legata all’essenza femminile. Ho seguito proprio recentemente un corso di aggiornamento per le donne in gravidanza e sui benefici di questi movimenti. Movimenti che si richiamano alla natura, al cullare dei bambini, ai lavori nei campi. Molto importante è il contatto con la terra (ballare a piedi nudi) dalla quale si trae energia. Possiamo considerare la danza del ventre una evoluzione delle danze folkloristiche, cui la scuola egiziana ha anche aggiunto un tocco di eleganza della danza classica".
I due maestri
Latifa si è nutrita del pensiero della scuola egiziana di maggior livello. Due, infatti, i suoi punti di riferimento: il suo maestro Saad Ismail, e il grande maestro di lui Mahmoud Reda. Reda oggi ottantenne, è riconosciuto all’unanimità il pioniere della danza Teatrale Egiziana e nel 1956 è stato il fondatore della prima compagnia di Danza Folkloristica dell’ Egitto, la leggendaria “Reda Troup“. Ha studiato balletto classico sia a Parigi che in Egitto approfondendo poi l’aspetto della danza folkloristica cui sono fortemente e rigorosamente ispirate le sue coreografie. Latifa fa anche parte, in Egitto, del Gruppo di Danza del famoso maestro. Stretto il legame e forte il rispetto per Saad Ismail, l’altra punta di diamante, danzatore coreografo e insegnante, studi di danza classica, moderna e tradizionale con i maestri Ali El Gendi ad Alessandria d'Egitto e Mahamud Reda a Il Cairo. Dal 1978 Ismail risiede in Italia dove ha portato uno stile di danza orientale raffinato e colto.
Verso la fusion
La curiosità di Latifa è in progress, e la danzatrice guarda avanti verso sperimentazioni nuove. “ La fusion di vari stili porta arricchimento, ne sono sempre stata convinta. Da qui la mia attrazione per le varianti più moderne di Bellydance, la danza gitana e lo stile arabo flamenco fino alla tribal fusion”. Insomma, contaminazione è la parola d’ordine e gli orizzonti sono sempre più ampi. Tra i progetti "in fieri", da realizzare a breve, fra lezioni romane e viaggi all’estero, c'è un corso di Yoga e danza orientale all’aperto, in una location affascinante di questa nostra Roma," magari sull’Appia Antica, nel verde, per creare un contatto vero con la natura tra musica e movenze dolci e naturali”.
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