Sei concerti unici e diversi: il cantautore si racconta tra successi consolidati e brani meno conosciuti. Il pensiero al Beato Giovanni Paolo II°, riflessioni e ricordi, il successo dei classici
di Elio Ippolito
“Vita mia,
non sappiamo più' afferrare,
maneggiare, questo Amore che
svanisce e sguscia via…”
Con il suo look un po’ esistenzialista, pantaloni /maglione /scarpe, tutto rigorosamente scuro, Amedeo Minghi appare in scena da solo col suo pianoforte, e comincia a suonare le melodie che tanto successo gli hanno portato e tanto ancora gliene porteranno. La scenografia, in perfetta sintonia con lo stile del cantante, prevede oltre al piano, un leggìo e poche e sapienti luci che illuminano il palco dove si rincorrono, rimbalzando tra loro, raffinate immagini in bianconero all’interno della cornice barocca pendente dall’alto, a fianco della quale un morbido e lungo drappo scende fino a terra nella penombra sfumata. Siamo al Teatro Ghione, Roma (21 novembre), all’ombra di San Pietro, come ha richiamato lo stesso cantante, per il primo dei sei spettacoli concerti (uno al mese) "Di canzone in canzone" che Amedeo Minghi ha programmato per il 2011-2012 per festeggiare i suoi 45 anni di carriera: ognuno con una scaletta diversa per dare emozioni diverse. Un compleanno importante per il cantante festeggiato già alcuni mesi fa con l’uscita dell’ultimo DVD “Un uomo venuto da lontano” e il CD contenente il concerto dedicato a S.S. il Beato Giovanni Paolo II°.
Un lungo viaggio musicale
Già dal primo brano, è apparsa chiara la voglia di raccontare il proprio cammino musicale, ma anche di far proseguire il suo viaggio per altre strade, scoprendo nuove storie, nuove sonorità e timbri vocali differenti da quelli ben conosciuti dai quali, comunque, non è facile separarsi. Tra gli obiettivi dello spettacolo, quello di riproporre anche brani del passato che non ebbero successo. “È facile parlare dei brani che a lungo sono stati nelle hit parade, io voglio riproporre in teatro anche i pezzi meno fortunati", ha affermato il cantante in una recente intervista.
Per meglio illustrare le ambientazioni e le poesie in musica, lo spettacolo, regia di Daniele Salvo, si è avvalso della presenza di una ballerina classico/moderna
piroettante a piedi scalzi e di una giovane attrice che ha duettato in prosa con Minghi. Il cantante ha eseguito i suoi brani a volte seduto al pianoforte e spesso in piedi col microfono in mano e con l’ausilio delle basi: le canzoni si sono dipanate lentamente, gustate dal pubblico e con il pubblico. In gran parte persone
che lo seguono fin dal 1966, anno nel quale prese il via il cammino dell’artista che
ama spesso ricordare che la soddisfazione più grande, ricevuta nel corso della sua
carriera, è stato l’incontro con il Beato Giovanni Paolo II°. Con la sala al buio partono le prime note del brano conosciuto ed apprezzato in tutto il mondo, Minghi al piano canta quasi sommessamente e, mentre nella grande cornice dorata e barocca si inseguono immagini della vita del Pontefice, la melodia prende forma ed avvolge con grande emozione tutta la sala fino al termine dell’esibizione.
Minghi continua a raccontarsi, narra di come nascono le sue canzoni, parla degli
inizi, quando ai discografici non piacevano tutte quelle note, tutte quelle parole..e poi … quei brani non erano commerciali.
“Ricordati di te”, incalza la fata
E lui che doveva fare? Che deve fare uno che ama la musica se non riproporsi e sfondare con una canzone fatta da due soli accordi? E’ così che riprende la seconda parte del concerto con “Immenso” ove Minghi si immerge nei suoi “classici”. L’artista, ormai più a suo agio, (“E' la prima eh!” - dichiara al pubblico quasi a scusarsi per le piccole imperfezioni ai microfoni e alle basi non sempre ben calibrate coi microfoni stessi), inizia a raccontare l’incontro /sogno dell’artista con una fata che gli suggerisce di non impegnarsi nel fare cose solo per moda. Per fare canzoni non è necessario raccontare le tristezze della quotidianità, non bisogna per forza apparire cinici,essere ipocriti e andare sul sicuro….”Ricordati di te”, incalza la fata, e infatti Minghi va per la sua strada percorrendo storie intime e sentimenti contrastanti. Si susseguono altre storie d’amore “nel viaggio del nostro comune passato”, come “Serenella” (palco totalmente illuminato con pubblico quasi in piedi), e “Vita mia”: l’artista canta i suoi brani quasi in punta di piedi e con grande rispetto verso chi tanto lo ammira. Il pubblico di Minghi si dimostra coerente, alla “prima” sono intervenute persone fatte “alla Minghi”, stessa età del cantante, stessa sobrietà, stessa signorilità. All’applauso finale Minghi si porge e si ritrae quasi con una sorta di pudore…. ma il suo viaggio nel firmamento musicale potrà continuare all’infinito.
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