L'Associazione Culturale Teatro Trastevere di Roma annuncia il via alla terza edizione della rassegna Trastestorie , teatro di Narrazione ,Persone- Fatti- Cronache , dal 28 gennaio al 9 febbraio 2020. “Affabulazioni, Racconti, Fatti di Cronaca, Vissuto Quotidiano. Trasparenze, Dissolvenze, Esistenze: Specchi di Vita...Trascorsa, Presente e Futura”.
Il tutto rappresentato sotto forma di Messa in Scena Teatrale e Realtà Performative Multidisciplinari. Il Teatro stesso per l'occasione ospiterà mostre fotografiche, installazioni artistiche sonore e realizzazioni "sensoriali" immersive, correlate all'interno del proprio spazio, allestito all'insegna di STORIE...da NON DIMENTICARE.
Il programma prende il via il 28 e 29 gennaio con MARE, di e con Francesca Pica, liberamente tratto da “Donne di mare” e “La danza delle streghe” e “I confini irreali delle Eolie” dell'antropologa Macrina Marilena Maffei. Supervisione di Elena Bucci, Scenografie e Costume di Domenico Latronico. In un sogno due donne si incontrano. Miti, simboli e figure arcaiche, ora amichevoli ora minacciose, svelano le Isole Eolie e la loro feroce bellezza, tra storie di majare, pescatrici e serpi con i capelli. MARE, delicato e potente al tempo stesso, porta lo spettatore per mano in un sud in cui realtà e fantasia si confondono, è un gioco di scatole cinesi in cui vita e morte vegliano l’una sull’altra tra le onde in un eterno presente che muta ogni cosa e la lascia com’è.
Il 30 e 31 gennaio è la volta di MI CHIAMO GIUSEPPE, di e con Enrico Vulpiani. “Mi chiamo Giuseppe” è la storia d’Italia del secolo scorso, raccontata attraverso gli occhi di chi l’ha vissuta vivendo la propria vita ed attraverso le emozioni di chi se l’è sentita raccontare. Un viaggio picaresco e inevitabile, attraverso Paesi, persone, eventi privati e storici, a cui è stato necessario prendere le misure, respirando le proprie debolezze, le proprie paure, il proprio incosciente entusiasmo. E’ la storia di una famiglia, un piccolo ma tenace albero genealogico che, pur strapazzato da vento e sole, ha continuato a germogliare, volgendo sempre i propri fiori , fieri, verso l’alto. “La storia di Giuseppe inizia due volte, una nel 17 febbraio 2011, giorno della sua nascita e una il 7 ottobre 1973, nel giorno della mia nascita. La seconda volta nasce e cresce attraverso i suoi racconti, attraverso i miei occhi, attraverso i suoi gesti nei miei confronti, attraverso la sua presenza. Una presenza di gioia e coraggio che ha colmato le mie assenze, che mi ha insegnato ad essere me stesso ed ora ho l'urgenza di restituirvela, questa presenza, perchè nessuno si debba sentire più solo ed inadeguato.”
Il 1 e 2 febbraio va in scena PIU' DELLA MIA VITA di Elisa Mascia, Regia Gabriella Praticò con Elisa Mascia, Lucia Ciardo, Gigi Palla. 1954: Anna e Maria vivono nello stesso palazzone, del quartiere Testaccio di Roma. Non si conoscono. Si incontreranno in manicomio, finite per incomprensione e dimenticate dagli umani E’ la storia di un incontro, fatto di intimità, lacrime e risate, di due donne segnate ma presenti a sé stesse e che giungeranno ad un finale inaspettato. Il progetto dell’autrice Elisa Mascia nasce da un incontro decisivo, una lunga intervista concessa da Maria Morena,ultima infermiera del Manicomio di Santa Maria della Pietà di Roma e che ha raccontato storie di donne che hanno vissuto in quel luogo di reclusione e di dolore dagli anni 50 agli anni 70. Sono donne che, come tante ancora oggi, hanno rinunciato alla propria vita per “amore” degli altri. Gabriela Praticò regista,la regista sottolinea: “ Ho scelto di creare un allestimento dalle linee essenziali e incisive puntando la lente d'ingrandimento, senza distrazioni, sulle due eroiche protagoniste che nonostante tutto hanno saputo dare più della LORO vita”.
Il 4 e 5 febbraio ecco IL DOTTORE E LO SPECIALISTA di e con Marco Valeri. "Il Dottore e Lo Specialista...Metafora di un Disastro" prende le mosse da una lettera che scrissi ai miei concittadini in seguito a un fatto realmente accaduto: un terremoto, nell'Aprile del 2009, a L'Aquila. L'esigenza però era quella di parlare in modo più ampio a chi quella vicenda non poteva conoscerla e comprenderla empaticamente: così è nata l'esigenza di una metafora, di una storia che mettesse al centro l'uomo e che potesse essere diretta, immediata, più vicina ad ognuno di noi. La metafora può essere uno strumento potente e quella utilizzata è una metafora medica dato che proprio nella medicina l'attenzione dovrebbe essere incentrata sulla cura della persona, ma il progredire di tecnologia, scienza, linguaggio ci fa percepire la realtà in modo diverso e quando gli interessi vengono spostati dal fuoco principale diventa difficile capire come quando e a chi affidarsi."
La rassegna prosegue il 6 e 7 febbraio con I BAFFI DI ANGELICA, di Mosè Previti, Regia Rosaria Valentina Sfragara ed Enrico Maria Carraro, con Rosaria Valentina Sfragara. Angelica ha i baffi perché è una paladina, una guerriera dell’Opera dei Pupi, una donna, un'attrice. Angelica è un pupo femmina che non ama i fili e che da filo da torcere a chi vuole amarla, a chi vuole comandarla. Il monologo è una riflessione sul ruolo dell’individuo all’interno della società, arte e vita si intrecciano e in un flusso di coscienza dai molteplici registri. Ma non si tratta solo di una riflessione individuale, psicologica. Il testo è anche una riflessione sul potere, sulla costrizione imposta dalle convenienze e da quello che, la vita o la vocazione, impone come legame inscindibile. Angelica ha i baffi perché sono segno della sua forza ma anche della sua ambiguità, tuttavia, il testo non è un lavoro sul “genere”, ma piuttosto sull’essere umano in generale. La donna oggi, forse meglio dell’uomo, incarna quella fitta rete di contraddizioni e di sfide che impegnano l’esistenza come una guerra, una guerra dove la capacità di affrontare il conflitto, accenderlo o domarlo, è decisiva.
Infine, 8 e 9 febbraio, GLI ARROVESCIATI, di e con Giorgio Cardinali, Regia Caterina Mannello con il contributo di Marco Luly. Storia di un paese dove si campa di terra e si muore di fame. Storia di uomini al servizio dei baroni locali. Storia di chi immagina il proprio avvenire e lo costruisce. Tra i pochi sogni accarezzati dai pezzenti del paese, c'è quello di una strada diretta alla montagna, una via che aprirebbe nuovi sbocchi commerciali e porterebbe opportunità di sviluppo e di emancipazione dalla sudditanza verso il baronato. Il progetto però, nonostante sia approvato da anni dalle istituzioni, prevede l’attraversamento delle terre del barone, che impone il suo potere impedendone la realizzazione. I contadini disertano il lavoro nella terra del barone, con uno sciopero al rovescio impugnano pale e picconi e si costruiscono la strada. Il racconto, in bilico tra storia e fantasia, è il frutto di numerose ricerche bibliografiche, interviste, raccolta di testimonianze di chi visse in prima persona lo Sciopero a Rovescio del 1950 di un paese nel profondo sud, isolato e dimenticato dallo Stato. In definitiva, quei braccianti “Arrovesciati”, pezzi pregiati di memoria collettiva, raccontano qualcosa di quello che siamo stati capaci di essere e fare, ci interrogano su quello che siamo diventati e stiamo facendo e suggeriscono che per fare la Rivoluzione ci vuole Fantasia, uno slogan che sarà gridato in tutto il mondo, una ventina di anni dopo.
Teatro Trastevere , via Jacopa de'Settesoli 3, 00153 Roma. Prevista tessera associativa. Dal martedì alla domenica ore 21 (Esclusivamente domenica 9 febbraio alle 17:30) contatti: 065814004 Biglietti: 12 euro intero 10 euro ridotto .E’ possibile effettuare mini abbonamenti SCONTATI a più spettacoli. Abbonamento 3 spettacoli: 20 euro Abbonamento 6 spettacoli: 32 euro
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