La figura del giovane Tenco è protagonista del testo teatrale di Paolo Logli, regia di Renato Marengo, “Dunque lei ha conosciuto Tenco?", andata in scena a Roma. Semplicità e buon senso nei ricordi e impressioni di Gino, un ferroviere di Genova, che ricorda con verità il grande cantante
di Ester Ippolito
“Mi sono innamorato di te perché non avevo niente da fare …”.
“ Questi versi vanno dritti, come un rapido, uno che scrive così non può cercare la morte”. Con queste parole prende il via il monologo teatrale “Dunque Lei ha conosciuto Tenco”, centrato sul ferroviere di Genova Gino Grondona, interpretato dal bravissimo Marcello Mazzarella, che inizia a raccontare impressioni e ricordi relativi alla sua “conoscenza “ di Luigi Tenco. Un pezzo teatrale intenso e serrato (testi di Paolo Logli), andato in scena a Roma (7 luglio), presso il teatro Golden (con riprese di Rai 5), già vincitore del Premio Eti, rivisitato con la regia di Renato Marengo e accompagnamento musicale del Piji Quintet.
In un ambiente rumoroso e fuligginoso, quale quello della stazione Principe di Genova - bella la scenografia essenziale - il ferroviere Gino risponde, divagando tra episodi legati al cantautore e fatti personali, a una intervista su Luigi Tenco: va indietro nel tempo ricordando quel giovane artista che bazzicava di notte le cantine per suonare il jazz con gli amici “ famosi” (De Andrè, Paoli, Villaggio), un ragazzo sempre vestito di nero, imbronciato e che fumava tanto e che forse cercava il successo……Un personaggio “caro” di cui a tanti anni di distanza sembra ancora difficile tracciare il carattere in vita e capire soprattutto la sua morte. Un interrogativo - suicidio o non suicidio - che attraversa silenzioso, e neanche troppo, tutto il corso del monologo. Fino ad arrivare al ricordo più strano e ambiguo di Gino, quello di una notte di pioggia in cui Luigi si mise a suonare il sassofono (Summertime) su un binario ferroviario con scarso equilibrio per l’alcool in corpo. E ancora una volta è il ferroviere, uomo semplice, che azzarda un ultimo giudizio: “Non è che Tenco non avesse paura della morte. Non ci credeva, punto e basta". La musica accompagna sempre il fiume di parole del ferroviere: note di jazz che fanno parte integrante del testo, e brani tra i più belli di Tenco cantati da Piji (voce e chitarra), autore delle musiche originali edite da Franco Bixio, e guida del quintetto musicale formato da Biagio Orlandi (sassofono), Augusto Creni (chitarra), Marco Contessi (contrabbasso), e Filippo Schininà (batteria). Sul ruolo della musica una nota dell’autore Logli: “Amo la musica, e di solito mi infastidisce quando viene usata come riempitivo… Ecco, era esattamente quel che non volevo fare. Questo monologo teatrale su Luigi Tenco nasce quindi come una sfida: scrivere un testo in cui la voce recitante fosse solo uno strumento – quello solista, certo, ma neppure il solo – di una partitura. Insomma, mi piaceva pensare che ci fosse musica, tanta, attorno alle parole che scrivevo. E che quella musica non fosse solo un sottofondo. Così, nel mettere giù il copione, ho annotato piccoli sinc e attacchi musicali che un giorno ci sarebbero stati. Come una partitura per voce recitante e quintetto jazz, in cui il testo è pensato assieme alla musica”.
Uno spettacolo da seguire tutto d’un fiato e con non poca emozione.
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