Per gentile concessione della rivista dell'Enit- Agenzia per l'Italia, riproduciamo l'articolo che è apparso sul numero di luglio 2012. Tarantella, pizzica, tamurriata, il sud del Belpaese risuona di ritmo, di leggende e di tradizioni. Musica e danza popolare sono la voce del territorio, un modo per avvicinare con rispetto luoghi e comunità che credono e si ritrovano nel ballo. Un’idea per assaggiare una forma di turismo “esperienziale”
di Ester Ippolito
“La danza è l’eterno risorgere del Sole” I. Duncan
Ogni territorio ha molte voci per comunicare la sua anima: bellezze naturali, arte e storia, gastronomia musica e danza. La musica e danza popolare sono un tessuto forte del nostro paese, soprattutto nel sud, dove lo stile di ballo è indicato genericamente come “tarantella”, al di là delle varianti e differenziazioni regionali. Un patrimonio culturale secondo a nessuno - accompagnato da strumenti tradizionali come le castagnette, il tamburello o tamburo a cornice, la zampogna, l’organetto, la chitarra e il mandolino- che incantò anche i viaggiatori del Grand Tour che, nei loro itinerari nel sud, ammirarono queste danze: gli scrittori ne parlarono nei loro ricordi di viaggio e i pittori le raffigurarono nelle loro tele.
La forza di una comunità
La danza popolare è quindi il modo ideale per entrare in contatto con un territorio e la sua gente (sempre con il massimo rispetto), in virtù dello stretto legame tra il ballo e le occasioni rituali e collettive. "La musica popolare nasce e vive per supportare una funzione sociale, non è di solo ascolto - osserva Ambrogio Sparagna, musicista ed etnomusicologo, e fondatore e direttore dell’Orchestra Popolare Italiana di stanza all’Auditorium di Roma. Anche Nando Citarella, musicista e musicologo, cultore della musica e delle danze popolari italiane, insiste sul “simbolo
originario del rito collettivo, e devozionale, che sta alla base della danza popolare che va assolutamente recuperato e conservato. Il ballo, inoltre, è di vitale importanza in momenti come questi in cui la collettività soffre …sotto i piedi ci sono le nostre radici e ballando le comunità si rinforzano”. E non si chiudono perché, come ricorda Citarella “la
lingua comune del Mediterraneo di una volta era il ballo, il ritmo dei piedi e il tamburello a cornice…”
La danza specchio di un paese….
Le origini di questi balli si perdono nei secoli e sono il risultato di storia, miti e leggende: riti religiosi, riti pagani e propiziatori del mondo contadino, amore e corteggiamento, tradizioni del Carnevale, intreccio e reciproco specchiarsi tra danze di pura estrazione popolare e danze di corte e di alto ceto, grazie al fiorire nel nostro paese, dal 1400 in avanti di Principati, Signorie e Regni, dove si iniziò a “codificare” la danza. Il tutto trasformato in un linguaggio universale che oggi unisce più generazioni creando un filo rosso di continuità e di identità. Grazie anche all’attuale momento di riscoperta e valorizzazione di questo patrimonio, vuoi per una rinnovata voglia di identità di tante comunità, vuoi per la volontà di mantenere un legame con le proprie origini da parte di molti giovani che non vivono nelle proprie regioni di appartenenza, vuoi per un netto risveglio di ricerche etnomusicologhe e antropologiche (neo folk). Il risultato: un calendario a livello nazionale fitto di feste, meeting, appuntamenti in tema, e un forte e costante fiorire di gruppi musicali e di scuole, laboratori e stage di danza con l’intento di dare continuità ed eternità a questo patrimonio culturale di musica e passi, sia rimanendo strettamente ancorati alla tradizione - quella dei nonni e dei bisnonni per intenderci - o rielaborando e contaminando il sound con altri input culturali, accentuando talvolta anche il senso sociale o politico del repertorio.
…e strumento di promozione
Il mito della danza popolare viene valorizzato anche all’estero (per esempio Buenos Aires) grazie ad alcuni gruppi musicali e danzatori di origine italiane (Sein Tempu Musica Etnica, Cecilia Arenillas) molto attivi su questo fronte facendone uno strumento da un lato di continuità culturale e legame con le proprie radici, e dall’altra di promozione dell’immagine italiana. E’ grazie a questo impegno, e con la collaborazione della rappresentanza dell’Enit della capitale argentina, che sono stati realizzati eventi musicali legati alle tradizioni italiane. Come la Fiesta della Tarantula del febbraio scorso a Buenos Aires tra pizzica, tamurriata e tarantella, canti di lavoro e d’amore, con il gruppo musicale italo-argentino Madonna Nera e il gruppo Sein Tempu Musica Etnica: quest’ultimo suona con tamburelli (nella foto) firmati dal salentino Umberto Panico. L’obiettivo, come hanno sottolineato i rappresentanti dell’Enit, è quello di “diffondere la cultura del Sud d´Italia attraverso la musica e il ballo, avvicinando le comunità italo argentine e proponendo al tempo stesso al pubblico argentino una esperienza più completa della cultura e del turismo in Italia”.
Salento: la pizzica…”icona” del turismo salentino
Se musica e danza popolare possono essere strumenti di promozione turistica, vale su tutti l’ esempio del Salento, Puglia, con la sua pizzica e la sua Notte della Taranta, un evento ormai a livello internazionale, un grande laboratorio musicale a più voci per alcuni, un grande business per altri. Ma sicuramente una vetrina turistica del Salento. La Notte della Taranta, giunta alla sua quindicesima edizione (25 agosto 2012 la serata finale a Melpignano), anima ogni estate per circa dieci giorni varie cittadine del Salento con concerti serali, concludendosi con il ‘concertone’ di Melpignano, uno degli undici comuni dell’area grecanica salentina. Ed è proprio dall’Unione dei Comuni della Grecia Salentina e dall’Istituto Diego Carpitella che nel 1998 nacque l’idea di questa grande manifestazione. Da qui un lungo cammino e anche un stimolo ulteriore a conoscere turisticamente il vero Salento: antica terra di emigranti che ha
mantenuto vive le sue tradizioni e va fiera del suo mare, sole, ulivi, vino e del ritmo della pizzica, elementi che hanno iniziato a colpire l’immaginario con il film Sangue Vivo del 2000, e il contributo del gruppo storico musicale salentino Officina Zoè. Ma cosa c’è dietro la pizzica, oggi diffusa anche fuori dei confini regionali? Una volta musica che fungeva da terapia, stimolando al ballo, per le tarantate, le sfortunate (in percentuale maggiore erano donne) che venivano morse dal ragno velenoso (taranta) in campagna (fenomeno a lungo investigato dallo studioso De Martino e da altri studiosi), oggi una danza cosiddetta “gentile “ (pizzica de core o pizzica pizzica), da ballare in momenti di festa e di armonia, in feste e matrimoni. Come scrive il ricercatore salentino Luigi Chiriatti nel suo libro Morso d’amore (Kurumuny), esaurita l’esperienza delle tarantate “sono i giovani che hanno salvato la gioia di ballare...la gioia di suonare una musica unica al mondo che fa ancora adesso del Salento ‘un’isola sonante, un’isola danzante”. Un’isola danzante che non vuole sradicarsi dalla sua tradizione e non vuole neanche fare troppo commercio di questa arte o snaturarla. “Durante le feste patronali in Salento, il paese si vestiva allegramente di luci,
colori, odori, la gente in piazza ballava la pizzica ,belli, brutti, giovani e vecchi….. Una danza che non aveva canoni, né tanto meno stili, solo il ritmo del tamburo dettava legge..” Con queste parole Francesca Malerba, salentina di Galatina, ricorda il senso vero di questa danza che insegna a Roma nei corsi ideati da U’Papadia, cantautore e percussionista salentino (Il ritmo che cura) trasmettendo ai propri allievi tutto il retroscena antropologico e culturale. “Parole nuove su quella musica che cantavano i nostri nonni e che ballavano le madri delle nostre madri, quella stessa musica che curava le piaghe delle tarantate oltre che le pene della povera gente”. E’ così che i Fonarà, gruppo di musica popolare grico-salentina di Corigliano d’Otranto, spiegano la loro arte.
Napoli e dintorni… dalla tamurriata alla tarantella
Napoli e altre località campane ci trascinano nella frenesia della tamurriata, un ritmo incessante cadenzato dalla tamorra, il tipico tamburo napoletano, che guida una danza dal carattere forte, e dalle origini antichissime, un mix
di danze di origine greche e di ispirazione dionisiaca che prende corpo in tante feste rituali che uniscono più generazioni: si balla a coppie, importanti i movimenti delle mani (accompagnate dalle castagnette) e delle braccia, uno sguardo a volte sensuale e a volte di sfida lega i due ballerini, il ritmo è inebriante e continuo. Tra i vari generi la scafatese, più sensuale, la giuglianese, più ricca di strumenti oltre al tamburo, e quella di Pagani, più saltellante, frutto di un rito collettivo di grande entusiasmo in occasione della festa della Madonna delle Galline (aprile). O quella dell’Avvocata, in onore della Madonna dell’Avvocata (Maiori, Costa Amalfitana, lunedì dopo la Pentecoste), una processione a ritmo di tamurriata caratterizzata da movenze devozionali. La Campania (Napoli, Sorrento, Capri e tante altre località) è anche la culla della tarantella, stile festoso e sereno e danza di corteggiamento di origini antiche ma la cui diffusione sul territorio si annovera dal ‘700. Una tarantella che merita una particolare attenzione è quella di Montemarano, paese in provincia di Avellino, famoso anche per il suo vino, che anima l’intera comunità in occasione del Carnevale, richiamando gli appassionati. La Scuola di Tarantelle di Sandro Pasquali, anche leader del gruppo musicale Le Tarantole e della compagnia di danza popolare che trasmette le tradizioni italiane anche a un pubblico straniero attraverso spettacoli e performance, propone attraverso le sue lezioni di ballo un vero e proprio viaggio culturale nel centro sud del nostro paese, mantenendo anche uno stretto legame con il territorio con l’organizzazione di gite in loco in occasione delle feste popolari di maggior richiamo. Così Montemarano o Pagani diventano “un’occasione unica e live per gli appassionati di danze popolari per approfondire in un contesto festoso e di divertimento il vero spirito di queste danze”. Una tradizione di danza (tarantella e pizzica), di origini antichissime e influssi lucani e calabri, la rivendica anche il Cilento, nella bassa Campania, una terra ancora poco sfruttata dal turismo di massa e salita agli onori della cronaca con il film Benvenuti al Sud.
Vento di tarantelle in Calabria e Sicilia
Il vento della tarantella spira forte in Calabria e in Sicilia. La Calabria si riconosce fortemente nella sua tarantella tradizionale, legata a occasioni di festa e obbediente alla ritualità del cerchio (rota) e del capo ballo, capo assoluto. La viddhaneddha reggina ne rappresenta una delle forme più genuine. Molte le manifestazioni in tema, un richiamo musicale e turistico, come Radici Sonore a Tiriolo, Tarantella Power a Badoato, delizioso borgo medievale in agosto, o il Tarantella Festival, manifestazione itinerante in diversi centri calabresi e portatrice di tutti i ritmi del sud italiano.
La Sicilia, infine, tra la sua arte, storia e profumi, non manca certo all’appuntamento con la danza: dalla tarantella, in primis, ad altri generi di danze meno conosciute ma assai genuine eseguite nelle feste popolari, cui si aggiungono forti reminiscenze della contraddanza di origine delle corti normanne, in omaggio allo scambio culturale tra classi.
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