Carolina Casaburi, danzatrice campana di danze tradizionali, una formazione coreutica importante alle spalle, dalla danza classica al più moderno teatro-danza, legata per i suoi studi alle ispirazioni di Pina Bausch, è stata colpita al cuore dai suoni e ritmi della musica popolare e dal grande patrimonio culturale che si cela dietro alla danza, scoprendo un mondo antico fatto di sacralità e ritualità.
" Conoscere il mondo che si nasconde dietro alle danze popolari è importante se si vuole dare un senso a ciò che si fa"- sottolinea Carolina che ci racconta cosa rappresenta per lei questa esperienza della danza, nelle feste, sul palco o legata a progetti particolari.
B&V- Carolina, hai alle tue spalle una formazione coreutica a 360 gradi : cosa ti ha colpito e attratto nella danza popolare?
Quello che mi ha colpito inizialmente sono sicuramente i ritmi intensi e coinvolgenti delle musiche popolari. Poi, piano piano, ho scoperto l'immenso patrimonio storico e culturale che questi canti si portano dietro da secoli, le antiche tradizioni, usi e costumi che hanno tanto da raccontare oggi su come si viveva un tempo. E' qualcosa che può sembrare lontano dal ballo e dalla musica ma in realtà non è così perché queste espressioni artistiche avevano, una volta, funzione sociale, aggregativa, terapeutica e non erano semplice intrattenimento come oggi (anche se mantengono la funzione aggregativa). Quindi ciò che oggi ascoltiamo come musica o canto, e vediamo come danza, ieri aveva una precisa funzione nella società. La ritualità e la sacralità delle musiche e dei canti di tradizione popolare sono la parte più affascinante di questo mondo.
B&V- Tra le varie danze (pizzica, tammurriata, tarantella...) , qual è la danza popolare che senti più tua?
La danza che sento più mia è la pizzica pizzica. La trovo molto femminile, ma soprattutto, quando danzo, riesco a non pensare a niente. A parte il ritmo coinvolgente, credo fortemente nel potere terapeutico di questo ballo. Se si leggono le analisi dell'antropologo De Martino (e anche di altri studiosi) viene spiegato chiaramente che durante i riti terapeutici per curare i tarantati, i musicisti cercavano la melodia più adatta al male da curare di quella determinata persona. Ebbene, mi sono resa conto, allo stesso modo, che determinate melodie o specifici strumenti musicali hanno un enorme potere benefico sul mio spirito.
B&V- Nelle danze popolari hai ritrovato un legame con il tuo territorio?
E' difficile dirlo poiché noi oggi conduciamo una vita molto diversa da una volta. Spesso veniamo a conoscenza di queste danze solo grazie alla loro espressione spettacolarizzata nei festival e nelle piazze. Non credo che molti di noi abbiano sentito la pizzica pizzica per la prima volta perché hanno assistito a un tarantato/tarantata che si stava 'curando'. Qualcuno ha potuto conoscere queste danze nelle feste imparando i dai più anziani, ma pochi di noi ormai hanno appreso i canti o a suonare la tammorra dai propri nonni o genitori. Mi sento quindi di dire che il legame con il nostro territorio è molto labile o è valido solo per pochi della mia generazione. E' per questo che è importante approfondire leggendo o guardando dei documentari, penso che sia l'unico modo per ritrovare questo legame spezzato ma che, probabilmente, sentiamo ancora nel profondo.
B&V-Rapportandoti ai tuoi studi e ai vari laboratori seguiti, chi e quali sono i tuoi modelli , se li hai? O cosa hai appreso dai tuoi insegnanti che ti accompagna nel tuo percorso?
Ho iniziato lo studio delle danze popolari per conoscere alcuni dei balli più conosciuti al sud Italia nella loro forma 'pura' (prendendo sempre con le pinze questo concetto) e ho apprezzato che mi siano state impartite senza troppi fronzoli. Ho compreso il concetto che fossero danze semplici e con movenze (tendenzialmente) poco articolate o sinuose. Cerco sempre di tenere a mente questo, anche se ho partecipato a molti laboratori di reinterpretazione contemporanea interessanti, che si spingono fino al teatro danza, un mondo affascinante che ho trattato nella mia tesi di laurea, ma che restano appartenenti al filone reinterpretativo di danza e teatro.
B&V - Nella tua danza tradizionale guardi più al passato o al contemporaneo?
Dipende molto dal contesto. Io preferisco cercare di essere il più fedele possibile alle danze originali e 'pulite', se di originale si può parlare. Ricordiamo che quello che noi apprendiamo oggi è già, ahimè, reinterpretato, poiché l'insegnamento che ci viene impartito non possiamo sapere quanto sia fedele al cosiddetto originale. Ci sono numerosi corsi di ballo tradizionale in giro per l'Italia, già il fatto stesso di imparare dei passi codificati toglie un po' di 'sacralità' a queste danze, nel senso che il modo più bello o genuino, potremmo dire, di impararle sarebbe quello di partecipare alle feste tradizionali che ancora oggi ci sono in Campania e non solo, e avere la fortuna di apprendere il ballo da chi lo pratica da sempre, chi ha mantenuto l'eredità antica dei genitori e dei nonni e non ha imparato forme 'sporche' di ballo, che sono sempre più comuni.
B&V- Che valore hanno le reinterpretazioni?
Le reinterpretazioni sono belle e ne faccio uso, talvolta, negli spettacoli teatrali, se voglio veicolare un messaggio diverso, se voglio dare ad esempio solo un accenno della tradizione ma devo seguire un fil rouge collegato alla rappresentazione. In questi casi la tradizione reinterpretata nel contemporaneo è un mezzo funzionale a uno scopo.
B&V- Partecipi da anni attivamente alla Paranza di Romeo Barbaro: qual è il tuo sentimento nelle feste di piazza e concerti?
Prima del concerto c'è la preparazione, le prove, la scelta dei brani e delle coreografie da fare, la pubblicità sui social e la promozione dell'evento. La prima bella sensazione di suspense nasce già da questo momento di attesa. Nei concerti di piazza mi invade un sentimento di spensieratezza e gioia, con tanta voglia di divertirsi.
B&V- Cosa pensi della danza tradizionale portata sul palco, in format teatrale? Emozioni diverse ?
Penso che in teatro si possa portare tutto, poiché c'è una parte di pubblico che ama queste musiche e danze, pur non frequentando gli ambienti popolari o le feste tradizionali. In quel caso è bello far conoscere loro uno spaccato di tradizione con alcuni dei canti più rappresentativi. Inoltre, si può veicolare un messaggio attraverso quest'arte, non si è legati a ciò che il pubblico si aspetta nel concerto di piazza. Si può sperimentare, raccontare con i canti e le danze una storia reale o inventata, fare un tributo oppure sensibilizzare su temi sociali importanti. Le possibilità sono infinite. In teatro provo un emozione fortissima : dietro le quinte grazie al buio, al silenzio del pubblico in sala, c'è una magia particolare.
B&V- Come è nato il tuo progetto video "Danzando: c'era una volta un teatro"?
L'idea, con la collaborazione di Nello Alfieri (riprese e montaggio) , è stata quella di utilizzare la danza come mezzo per raccontare alcuni dei luoghi storici più belli della Campania, attraverso immagini e voce recitante. E' un progetto nato dalla mia passione per i viaggi e per la storia, quindi ho pensato di unire il ballo alla passione per la scoperta di luoghi antichi e interessanti. Le nostre zone offrono un grande patrimonio di luoghi talvolta poco conosciuti. Abbiamo realizzato un video nel Teatro romano di Benevento e altri sono stati girati al Castello Baronale di Acerra e presso le Basiliche Paleocristiane di Cimitile.
B&V- Durante il Covid hai tenuto on line degli incontri con studiosi su origini e storia danze popolari che dimostra ancora una volta quanto sia importante, oltrechè danzare, sapere e conoscere...
Fondamentale, sopratutto in questo caso. Non stiamo parlando della danse d'école del 1700, dove ogni passo è stato precisamente codificato e gli è stato dato un nome, per intrattenere i nobili a corte e raccontare storie d'amore e morte. Qui si tratta di quitidianità, fatica, oppressione e modi di stare insieme raccontati in maniera indiretta e cioè, tramite suoni, parole e movimenti. Le braccia nella tammurriata si muovono imitando il gesto della semina nei campi...il brano 'pizzicarella' dice "Addò te pizzicau la tarantella?" perché era il morso di una tarantola a provocare il 'male' scacciabile solo ballando...quindi questo cosa vuol dire? Che queste musiche e danze raccontano di un mondo limitatamente rivelabile dai libri. Le conoscenze di antropologi, anziani che suonano o ballano fin da piccoli, ricercatori e musicisti sono il preziosissimo patrimonio che resta per poter conoscere il mondo che si nasconde dietro alle danze popolari, e saperlo è importante se si vuole dare un senso a ciò che si fa. Chi fa un canto a distesa, ad esempio, sa che esso ha una precisa funzione, nella tradizione popolare nulla è lasciato al caso. Tutto dipende da ciò che si vuole fare. Se si vuole solo ballare per divertirsi naturalmente basta conoscere i passi, ognuno danza per una ragione diversa: a seconda della funzione che ognuno di noi dà all'arte sapremo quanto ci interessa approfondire oppure no.
B&V- Quali sono i tuoi progetti a breve e medio termine ?
Il progetto a lungo termine è sicuramente quello di continuare a danzare e cantare - prima di iniziare a ballare, cantavo anche - cercando di portare avanti questo percorso e approfondire sempre di più gli studi che sono stati fatti a riguardo. Come progetti a breve termine, mi piacerebbe partecipare ad alcuni festival importanti di musica popolare che si tengono periodicamente in Italia. Ad alcuni ho già partecipato, ma vorrei fare altre esperienze : sebbene il contesto di questi festival sia meno di tradizione e più di spettacolarizzazione restano comunque delle esperienze positive da conservare nel proprio bagaglio artistico. Come dicevo prima, fanno parte di un altro filone, quello spettacolare/reinterpretativo, l'importante è essere consapevoli delle differenze tra danza 'tradizionale' e 'spettacolarizzata'.
Ester Ippolito
Carolina Casaburi inizia a ballare a 8 anni: classico, contemporaneo, modern jazz, laboratorio coreografico. All'età di 18 anni si diploma in danza classica presso il Centro Studi Carmen Castiello a Benevento, sua città natale. Nel corso di questo percorso ha approfondito tecniche di danza classica, moderna e contemporanea con i Maestri Ugo Ranieri, Antonina Randazzo, Raffaele Paganini, Viktor Litvinov, Irina Kojemiakina, Manoela Caracciolo, Dino Verga, Mauro Astolfi, Steve La Chance, André De La Roche, Mia Molinari, Claudio Malangone, Bradley Shelver, Ilir Shaquiri, Susan Sentler, Mariella Ermini, Maura Paparo, Roberto Baiocchi e molti altri, partecipando inoltre a numerose rassegne a Benevento e in Campania e ad alcuni concorsi con la scuola di danza. Negli stessi anni ha partecipato come insegnante e coreografa a un progetto per le scuole elementari, nell’allestimento dello spettacolo di fine anno delle classi. Nel 2004 viene selezionata dalla coreografa argentina Anabella Lenzu per un workshop estivo di teatro danza conclusosi con la performance “Che tu sia per me coltello” nell’ambito del Festival “Città Spettacolo” a Benevento. A Napoli consegue la laurea magistrale in Lingue Straniere per la Comunicazione Internazionale e intanto prosegue la sua formazione coreutica sia a Benevento sia presso Movimento Danza a Napoli con i maestri Jocelyne Milochau, Ugo Ranieri, Claudio Malangone, Sonia Di Gennaro, Elisabetta Testa, Anbeta Toromani, Alessandro Macario. Dal 2012 al 2014 studia canto e collabora come cantante e danzatrice nell'orchestra popolare Kanticantìca, attiva nel Sannio e in Irpinia. Nello stesso periodo a Napoli intraprende un approfondimento delle tradizioni popolari e antropologiche de Sud Italia e partecipa dal 2015 al corso di danza popolare tenuto dall’insegnante M. Grazia Altieri, partecipando a numerose iniziative culturali e spettacoli. In questi anni partecipa a workshop di “taranta atelier” tenuti dalla coreografa Maristella Martella, a Roma e Salerno, per conoscere la visione più contemporanea delle danze tradizionali e coniugarla con la sua passione per il teatro danza: ha infatti realizzato un elaborato su Pina Bausch per la sua tesi di Laurea Triennale. Per la Laurea Specialistica ha scelto invece di analizzare dei testi letterari tedeschi nella loro visione romantica della danza, e in particolare “L’Uomo della Sabbia”, celebre racconto di Hoffmann trasposto nel balletto “Coppelia”. Per 3 anni partecipa come ballerina alla 'Notte della Tammorra' a Napoli e a Ravello, inoltre collabora come danzatrice per diversi progetti musicali e per la realizzazione di video promozionali e spot televisivi come quello realizzato dall'emittente TV3 Baiano nelle basiliche paleocristiane di Cimitile dedicato alle danze popolari. Parallelamente continua lo studio della danza moderna con l’insegnante Giuseppe Rossi presso la scuola di danza Lyceum di Mara Fusco e nel febbraio 2020 consegue un attestato per l’insegnamento della danza moderna tenuto dal Maestro Ferdinando Arenella. Da 5 anni è componente della “Paranza di Romeo Barbaro”, associazione musicale dedicata alla ricerca dei suoni della tradizione del Sud Italia, come ballerina e cantante. Ha all’attivo numerosi concerti e partecipazioni, ad esempio “ModArte” in Piazza Plebiscito, Notte Bianca al Vomero, Concerti di Natale, Concerto per la Notte delle Streghe a Benevento, Rassegne al Teatro Salvo d’Acquisto di Napoli, un intervento televisivo a settembre 2018 per “Sereno Variabile” a Napoli e molti altri. Negli ultimi anni prosegue l'approfondimento delle danze tradizionali del sud Italia continuando a partecipare ai workshop “taranta atelier” con Maristella Martella e ad alcuni seminari teorico-pratici tenuti dal Professore Etnocoreologo Giuseppe Michele Gala e la ricercatrice Tiziana Miniati, in particolare quello tenutosi a Cisternino (BR) nel settembre 2020 su "La pizzica pizzica tradizionale in terra d'Otranto". Nel 2020 e 2021 ha organizzato un percorso didattico-culturale gratuito sulle danze tradizionali italiane e in particolare del sud Italia, con delle dirette online tenute dal Prof. Giuseppe Michele Gala, insieme con il tammorraro Romeo Barbaro e la giornalista Maria Cristina Benintendi, a cui hanno partecipato già numerosi ospiti: musicisti, psicologi, ricercatori.