Incontri Popolari.... il grido politico di Daniele Sepe

Gli appuntamenti web di Incontri Popolari ,a cura di Roberto D’Agnese, Scuola di Tarantella di Montemarano,  proseguono sul web ogni mercoledì, per creare in questi momenti difficili “ un po’ di calore virtuale... anche se le emozioni sono tutte vere”. Ospite dell’appuntamento del 10 marzo Daniele Sepe, sassofonista, compositore , maestro concertatore alla prima edizione della Notte della Taranta (1998), tra tradizione e World Music, senza confini musicali, sperimentatore.

Tanti i temi sviluppati attraverso le domande di Roberto D’Agnese ,partendo da momenti clou della vita /carriera di Sepe, , dalla sua partecipazione , da giovanissimo, 16 anni, con il gruppo operaio di Pomigliano D’Arco, alla realizzazione degli album Capitan Capitone, una napoletanità collettiva ricca di sfumature, al Premio Tenco per il miglior lavoro discografico in dialetto, fino alla Ndt. E molto altro. “ Quella di Pomigliano- ha raccontato il musicista- è stata una esperienza e un momento davvero importante per me.L’idea di fare musica era politica , al servizio della comunità, un concetto che è diventato mio, qualsiasi musica si stia facendo...In particolare la musica popolare è uno strumento che fa pensare e riflettere, ha una sua funzione sociale , può essere strumento di controinfomazione ma anche di speranza , senza guardare al successo , ai follower o ai circuiti commerciali”.

In questa funzione politica della musica , “il dialetto diventa fondametale , è un linguaggio forte e immediato. Nel Nord si è mantenuto poco a causa della induistralizzazione , si è perso pian piano per facilitare la comunicazione tra operai, nel sud è ancora vivo e potente. Il dialetto potrebbe rappresentare un limite per chi non lo capisce, ma un librettino con la tradizione sarebbe sufficiente per far capire i messaggi e coinvolgere”.

Se “ la tradizione è il vero linguaggio popolare”, come è stato sottolineato da D’Agnese, Daniele Sepe avverte “ che l’identità di una zona spesso viene essere usata per dividere, ma la musica popolare è del popolo che vuole cambiare e non va vista in maniera divisiva e campanilistica .Mi piace pensare che i contadini abbiano ovunque la stessa faccia. Anche se oggi nei nostri campi è più facile semtire cantare in arabo, ma è normale le cose cambiano, si trasformano, ed è giusto così. Il ritmo è vivo, va avanti , si evolve. La tradizione non è un museo “.

Sepe nella sua carriera ,o missione musicale, ha sempre spaziato tra i generi. Alla domanda di D’Agnese Ma il Jazz è popolare? , la risposta è  stata: “ In parte sì, e comunque lo è stato, e anche il Jazz è politica”. Tornando alla “tradizione” , nel 1998 Daniele Sepe incontra la Ndt al suo esordio. “ Da quell’anno non l’ho più seguita molto ma ricordo che trovai come un muro, una chiusura , un legame strettissimo con la tradizione intesa come immobilità, nessuna apertura verso strumenti diversi. In quel periood , tra l’altro, la musica salentina era ancora marginale, poi con il grande successo commerciale e di pubblico le cose sono un po’ cambiate, si sono aperti... Sono tornato ato un’altra volta , ho visto danzatrici con scialli, un corpo di ballo ma niente che si riferisse agli studi di Lomax o de Martino, nessuna lettura sociale e politica di quello che è stato “.

Infine un invito alla libertà nelle  propie azioni, dalla musica al  godersi la natura, soprattutto in questo momento, nel  sapersi custodire o proteggersi decidendo da soli. “ Siamo trrattai un po’ come bambini”. E una speranza e un augurio: “ Tornare presto a suonare dal vivo e che ci sia un pubblico pronto dopo questi mesi di streaming!."

e.i.

 

 

Gli "Incontri Popolari" si svolgono di mercoledì, 21,30 sulla piattaforma Zoom. Per informazioni e prenotazioni WhatsApp 3402829757

Il prossimo incontro mercoledì 17 marzo con molti ospiti: Officina Zoè, Aria Nova, l’antropologo Ugo Vuoso e altre sorprese

 

Daniele Sepe nasce nel quartiere Posillipo di Napoli nel 1960. A soli sedici anni, nel 1976 partecipa allo storico disco "Tammurriata dell'Alfasud" dei Zezi, gruppo operaio di Pomigliano d'Arco.Si diploma in flauto al Conservatorio "San Pietro a Majella" di Napoli.[1] Dopo alcuni anni di esperienza prima come flautista classico di musica barocca e contemporanea, poi come sassofonista turnista, nel 1990 realizza il suo primo album autoprodotto: Malamusica. Nel 1993 collabora con la band napoletana 99 Posse per l'album Curre curre guaglió venendo citato nella canzone "Ripetutamente". Col quarto, Vite perdite (1993), realizzato dalla Polosud Records e distribuito in tutto il mondo dall'etichetta tedesca Piranha,  le vendite decollano. Sepe suona anche il sax in alcune tracce del disco Otto Quarantotto & Ventisette de Il Giardino dei Semplici, pubblicato nel 1993. Nel 1996 pubblica Viaggi fuori dai paraggi, la sua prima antologia, con la quale ha inizio una collaborazione con il manifesto che dura sino al 2007.Nel 1998 l'album Lavorare stanca gli frutta la targa Tenco come migliore album in dialetto. Nello stesso anno diventa maestro concertatore alla prima edizione del festival "La Notte della Taranta" a Melpignano. Nel 1999 partecipa al progetto La notte del Dio che balla con - tra gli altri - Teresa De Sio e Vinicio Capossela. Nel 2015 fonda il collettivo “Capitan Capitone e i fratelli della Costa” con cui pubblica tre album, contemporaneamente inizia la sua collaborazione live in Napoli Trip di Stefano Bollani. Nel 2019 pubblica un album dedicato al sassofonista argentino Leandro “Gato” Barbieri. Nello stesso anno collabora agli arrangiamenti dell’album di Vinicio Capossela “Ballate per uomini e bestie” che vince la targa Tenco come miglior album in assoluto. Numerose sono le sue collaborazioni con altri musicisti (La Banda Improvvisa, Ensemble Micrologus), Stefano Bollani, Roberto Gatto e con registi cinematografici e teatrali (Mario Martone, Davide Ferrario, Gabriele Salvatores - Amnèsia -, Enzo D'Alò, Renato Chiocca, Terry Gilliam - "The Wholly Family”), Gianfranco Pannone, Antonietta De Lillo.


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