Da Jerez de la Frontera il flamenco di Maria Leon Soto

Nel flamenco di Maria  Leon Soto  traspaiono  il sabor del suo paese, i segni  di una personalità forte, le tracce di una tradizione ritmica che affonda le sue radici in uno spirito di riscossa e di orgoglio…con occhi   e cuore   aperti  al “nuevo”


di Ester Ippolito

“Do quello che so e che ho mangiato nella vita. Sono spagnola, di Jerez de la Frontera, questa è la mia tradizione. Ma vivo in Italia e per me ballare è un po’ come tornare a casa. E insegnando  regalo qualcosa di me e del mio paese”. L’insegnamento del  flamenco come regalo, come trasmissione di una cultura propria e cara, e anche  un momento professionale  molto importante. E’ con queste  parole, e questo spirito, che si esprime   Maria  Leon Soto, bailadora di flamenco dalla giovanissima età di 17 anni, con competenze anche di danza classica, nata nella terra del flamenco, cavalli e cherry, Jerez de la Frontera, dove soprattutto la musica e il canto flamenchi  si sono sviluppati. Una terra che ha dato i natali a tanti musicisti e ballerini di flamenco, che conta rinomate scuole e che è  famosa  anche per il suo Festival  del Flamenco tra febbraio e marzo.  

Per  Maria l’avvicinamento al flamenco è stato naturale, logico, automatico… e dai suoi primi passi si è sviluppata una carriera professionale che l’ha portata nel 1991 a diplomarsi  alla  Carrera de Danza Española alla Real Escuela Professional de Danza – Conservatorio de Madrid...  Proprio in  veste di insegnante abbiamo incontrato e conosciuto Maria, in occasione della crociera formativa Folk Nostrum, svoltasi l’ottobre scorso sulla rotta Civitavecchia Barcellona, una iniziativa ideata e diretta  dal maestro e musicologo  Nando Citarella  alla ricerca dei punti di incontro dei ritmi mediterranei, in questo caso danze popolari italiane e flamenco. In questo ambito Maria ha rivestito il  ruolo  di docente offrendo  a un gruppo di allieve tutta la sua esperienza e passione, e realizzando nei tempi brevi della crociera una coreografia  molto energica di grande effetto. “Folk Nostrum –  ci ha detto a proposito di questa iniziativa -  si è rivelata davvero  interessante, una spinta all'incontro di diverse culture attraverso il simbolo metafisico del viaggio”.
Maria svolge la sua attività in Italia, dove risiede ormai da  15 anni , una
destinazione  scelta per amore con uno sguardo perenne rivolto alla provincia  di
Cadice, a quella atmosfera indimenticabile.  L’agenda di Maria è molto fitta: da un
lato l’insegnamento, con corsi e seminari a Padova, la città dove risiede, ma anche trasferte in tante altre città del nord. Nel suo curriculum anche corsi di flamenco presso il carcere femminile di Verona, e stage  con allievii del popolo rom. Maria è, inoltre, anche insegnante negli stage estivi di Etnie, in collaborazione con Citarella. Dall’altro non manca lo spazio per lo spettacolo, e qui  la bailadora
presenta  un  carnet ricco di performance ad alto livello. Dalla Carmen  di Bizet
all’Arena di Verona nel 1990  con le compagnie di danza dirette da Carmen Mota,
Matilde Corai, Raul, El Camborio, allo spettacolo“Azabache”,1992, diretto dal
coreografo Manolo Marin, durante l’Esposizione Universale di Siviglia. Dallapartecipazione nel 1994 a “El flamenco y el poeta”   a Madrid a spettacoli   in Italia nei teatri più  importanti. Questo solo per citare qualche esempio…
“Attualmente faccio parte – racconta  - della compagnia italo-spagnola 
“Flamenquevive” di Bologna,  composta  da 9 elementi, 5 musicisti e 4 ballerini, di cui tre spagnoli. A questo gruppo appartiene anche Josè Salguero, chitarra e canto, che mi ha assistita anche nel corso di Folk Nostrum”. La compagnia, costituita nel 2000 e diretta da Gianna Raccagni, è  oggi considerata la migliore formazione flamenca italo-spagnola che , nei suoi spettacoli d’autore,  cerca sempre di trasmettere il valore della cultura flamenca.
Nel flamenco di Maria  traspaiono  il sabor del suo paese, i segni  di una personalità forte, le tracce di una tradizione ritmica che affonda le sue radici in uno spirito di riscossa e di orgoglio…con occhi   e cuore   aperti  al “nuevo”, senza contrapposizioni o contrasti. “ Il flamenco è vivo – ribadisce - le tradizioni ci sono  e sopravvivono, del resto il flamenco ha attinto da diverse culture. Ma  i giovani hanno anche bisogno di identificarsi in qualcosa di diverso. Per esempio io ho una grande ammirazione per Israele Galvan ( a Roma nel Festival del flamenco di ottobre con la sua Curva ndr) che nei suoi spettacoli ha portato davvero una rivoluzione”. Un’artista completa, dunque, divisa  tra spettacolo , insegnamento  e famiglia, che non può non avere un sogno nel cassetto guardando al futuro. Non deve riflettere molto per rispondere: “L’insegnamento mi interessa davvero  molto e  sarei felice di poter realizzare un bel progetto, una bella scuola, con programmi  interessanti e anche con obiettivi sociali”.


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