Pizzica: una lezione dal vivo con Malerba e U’Papadia

Normal 0 14 false false false MicrosoftInternetExplorer4 /* Style Definitions */ table.MsoNormalTable {mso-style-name:"Tabella normale"; mso-tstyle-rowband-size:0; mso-tstyle-colband-size:0; mso-style-noshow:yes; mso-style-parent:""; mso-padding-alt:0cm 5.4pt 0cm 5.4pt; mso-para-margin:0cm; mso-para-margin-bottom:.0001pt; mso-pagination:widow-orphan; font-size:10.0pt; font-family:"Times New Roman"; mso-ansi-language:#0400; mso-fareast-language:#0400; mso-bidi-language:#0400;}

Pizzica, suonata e ballata, e tante radici culturali  che s’intrecciano nelle spiegazioni  dei passi e delle posture  nel corso “ Il ritmo che cura”, dalle origini  della taranta alla pizzica de core

(seconda parte)

Il tamburello  prima di tutto: da lì scaturisce il ritmo guida, il ritmo crescente  che  va a vestire il ritmo dei piedi  che cominciano a muoversi, più lenti, più veloci, piccole corsette, giri ,  battute  ripetute verso il pavimento, verso la terra “ come se sotto i piedi ci fosse una calamita”.

Comincia così  la lezione  di pizzica, tenuta da U’Papadia, cantautore e percussionista salentino (ultimo successo La  Peronospera), e un’attività didattica quindicennale di tamburello e danza, e da Francesca Malerba, salentina di Galatina, ballerina di pizzica fin da bambina e appassionata danzatrice di danze etniche, nell’ambito del corso da loro ideato dal titolo significativo ed evocatore “ Il ritmo che cura” (ogni mercoledì,   Parco Tirreno sull’Aurelia). Un insieme di passi, di esperienze vissute, di racconti, di richiami alla cultura salentina e non solo,  spaziando  anche su altri universi culturali nei quali si possono rintracciare  affinità, legami, influenze.  Così,  nel ricordare  il rito   della guarigione delle tarantate, vengono richiamate    le teorie di Luigi Stifani, barbiere e musicista salentino  che ha realizzato tante guarigioni individuando in  ogni tarantata il ritmo giusto per la liberazione- guarigione, e che  accompagnò Ernesto De Martino in occasione della sua ricerca sul tarantismo negli anni cinquanta.  Mentre  si citano anche    esperienze di guarigione similari per alcune donne, a suon di musica, praticate in Egitto, testimoniate dallo stesso U’papadia.  O nella spiegazione del giro  della pizzica, momento clou   della fase curativa e momento importante anche nella pizzica de core, si fa riferimento alla magia e mistero del giro  dei dervisci. Passando, poi,  al piano della pizzica de core o di corteggiamento,  emerge tutto un  retaggio   popolare  di grande importanza andando a figurare in un cerchio immaginario  la femminilità, la ritrosia, l’allontanamento dall’uomo se si fa troppo incalzante…” senza mai perderlo di vista per evitare  che sui rivolga a un’altra”.   Spontaneità, naturalezza, nessun obbligo di precisione assoluta ma obbedienza a un ritmo antico e ai suoi significati:  queste le regole  di una danza  nata nei campi, negli spazi aperti,   nelle piazze e che è stata anche terapia liberatoria. “ Una danza che non aveva canoni, né tanto meno stili, solo il ritmo del tamburo dettava legge..e nei giorni di festa  si potevano dimenticare i pensieri, e con quel ritmo la gente parlava la propria lingua- come   ripete  Francesca Malerba.  E danza e musica  travolgono gli allievi.

Stampa